Maria Marchiori

25.2.1923 — 30.3.2012

Maria Marchiori nacque a Mogliano Veneto nel 1923, figlia di Giuseppe Marchiori e di Elvira Paccagnella. In famiglia aveva 5 fratellastri, che la madre aveva avuto da tre mariti. Del padre aveva un ricordo affettuoso, e lo seguí nella sofferenza per la malattia al cervello che lo portò a una morte da giovane.

Maria visse gli anni del Fascismo da ragazzina ma mostrò presto uno spirito ribelle.

Negli anni di guerra patí le sofferenze e i sacrifici dello sfollamento in campagna, per sfuggire ai bombardamenti alleati.

Ricordava di un giorno in cui stava correndo verso casa tenendo in braccio il nipotino e si era fermata un attimo per la stanchezza. Per una ragione istintiva, decise di farsi forza e riprendere la corsa. Qualche minuto dopo una bomba degli aerei alleati cadde proprio nel punto dove si stava per fermare.

Gli anni del dopoguerra rappresentarono un momento cruciale per quella generazione che decise di riscattarsi e impegnarsi nella ricostruzione.

Maria conobbe Stefano Attardi, figlio del vice-prefetto. Maria aveva una voracità per la cultura che la spinsero a iscriversi a una scuola serale per poter proseguire gli studi mentre di giorno lavorava.

Negi anni ’50 si impegnarono insieme in molte attività: comprarono un terreno e ci costruirono una villetta, comprarono una delle prime Fiat 500 C.

Con la Topolino viaggiarono tutta l’Italia e ogni volta che potevano andavano sulle Dolomiti per lunghe arrampicate o al mare per le prime villeggiature.

Sperimentarono le nuove forme di vacanza, come i villaggi di bungalow al mare o la roulotte per girare l’Europa.

Per finanziare queste iniziative, Maria si faceva in quattro: come impiegata dell’INPS era sempre impegnata in ore di straordinario, ma contemporaneamente mandava avanti la casa e la famiglia.

Per questo correva a piedi al lavoro alle 7 di mattina, rientrava alle 2 per far da mangiare e rientrava al lavoro dalle 3 fino alle 7 di sera.

Stefano poi spesso la faceva uscire di nuovo la sera per andare a concerti o a teatro.

Non si perdevano mostre d’arte o di storia in ogni luogo raggiungibile da Padova.

Maria era una grande camminatrice e a volte partiva a piedi andando in giro per la città e quando poteva su per le montagne.

Una volta partí da sola e si arrampicò fino al rifugio Nuvolao, scalando la parete con la ferrata, mentre tutti gli altri salivano lungo il comodo declino dal lato delle Cinque Torri.

La loro cerchia di amici comprendeva pittori come Tono Zancanaro e Leonore Fini, l’architetto Cartamantiglia e molti avvocati padovani.

Negli anni ’70 Maria sviluppò una passione per l’antiquariato e frequentava aste di mobili facendo amicizia con gli antiquari.

L’occasione nacque dal restauro e dall’arredo della villa veneta di Jacopo di Arquà e poi di un appartamento sul Canal Grande a Venezia che erano riusciti ad acquistare con i risparmi di una vita di lavoro.

Riuscí anche a comprare una casa a San Vito, dalle cui finestre era felice di potersi godere la vista del monte Pelmo.

Siamo grati a lei e alla sua generazione che con i suoi sacrifici e la determinazione ha costruito quelle ricchezze e quelle bellezze di cui oggi godiamo.

Dopo la morte di Stefano, avvenuta prematuramente dopo una lunga malattia, Maria si era sentita sola, avendo perso la persona con cui aveva condiviso sogni e obiettivi realizzati con tanto impegno e determinazione.